Un capolavoro come Downton Abbey non poteva che terminare
con un finale glorioso. Ovvio, c’era l’esigenza di chiudere il serial in bellezza, ma allo stesso tempo bisognava
“consacrare” definitivamente la filosofia che quella storia aveva voluto
trasmettere.
... E dunque, si era deciso di mettere la parola fine nel bel mezzo di
un brindisi all’anno nuovo: alééé!
Anno nuovo e vita nuova, dunque. E sebbene ai piani alti del castello festeggiavano
i nobili padroni (mentre la servitù festeggiava più giù, nel piano inferiore), era a quel punto diventato chiaro che in futuro bisognava remare tutti assieme, piani alti e
piani bassi, abbandonando le certezze del passato, per affrontare le nuove
sfide.
Peraltro, fino a quel momento c’erano state molte difficoltà economiche, diversi lutti, pure parecchi
scandali (che avevano contribuito a intrecciare la vita della sguattera con
quella della matrona, la sorte del facchino con quella del marchese). E soprattutto
c’era stata la guerra.
... Morale: molte cose erano cambiate, ormai, e i nobili non potevano più limitarsi
a difendere i loro ridicoli privilegi, vivendo di rendita. Nel frattempo il
personale avrebbe dovuto immaginare un mondo in cui non è più necessario fare i
ruffiani col principino di turno.
A Downton Abbey tutto questo lo si era capito. La cameriera Anna, che era graziosamente incinta e aveva perso le acque mentre si trovava nella camera di Lady Mary, aveva potuto partorire là dove si trovava, in tutta tranquillità. E
nonostante alcune resistenze (il maggiordomo: “Ma è una eresia! Una
profanazione!”), perfino la contessa aveva festeggiato il nuovo arrivo e il
nuovo anno rassicurando il marito (“Più sapremo adattarci e meglio saremo in
grado di affrontare il futuro”).
... La governante, a quel punto, poteva proporre il canto liberatorio ("For Auld Lang Syne"), e l'anzianissima lady Violet (Maggie Smith), poteva brindare anche lei all'anno nuovo (il 1926), con una battuta acida. E, naturalmente, anche con una delle sue tipiche smorfie. Evviva l'anno nuovo!
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