sabato 10 gennaio 2009

LA TESTA NEL PALLONE

Nicola Legrottaglie è stato frainteso: Dio non maledice Israele, e forse non tifa Juventus

Il conflitto arabo-israeliano ha fatto straparlare quel bravo ragazzo che è il “fratello” Nicola Legrottaglie.
Appena gli hanno fatto capire la stupidità delle sue parole, il difensore juventino (che esibisce la sua fede come ogni buon fanatico), ha dovuto fare retromarcia. Ma in questo modo il giocatore ha dimostrato di avere la testa nel pallone, e di non sapere bene di quale Dio parla.
In sostanza, sul conflitto mediorientale, queste era stata l'allucinante dichiarazione riportata dalla "Gazzetta dello Sport": «Sapevo già che sarebbe successo, è una profezia della Bibbia. Il popolo di Israele era quello prediletto da Dio. Ma non l'ha riconosciuto e ora ne sta pagando le conseguenze».

Forse il “duca” dovrebbe smentire anche molte altre interviste. Praticamente tutte quelle in cui ha esibito una fede primitiva e accattona (ma in cui ha badato bene a precisare: Dio benedice anche i ricchi, purché siano “giusti”!).
... Insomma, che diamine, ci vuol altro per essere credibili in quanto cristiani, che dire certe banalità!
Ci vuol altro che rinnegare le mèches bionde, lamentare il vuoto precedente alla ‘chiamata’, e stupire cianciando sulla solitudine del mondo moderno e le disgrazie che colpiscono tanti comuni mortali!


Perchè bisognerà pur dirglielo: anche per mostrare la "luce interiore", prima bisognerebbe aver letto qualche libro.
Inutile, altrimenti, fingersi spiriti liberi mostrandosi ostili alle “istituzioni religiose” (che sarebbero -dice lui- guidate da “uomini fallaci”).
... Assolutamente inutile, soprattutto, se contemporaneamente si frequenta una chiesa evangelica (non è guidata anche quella da uomini che sbagliano?).
Ed è troppo comodo vantarsi di aver rinunciato al sesso, se si lascia intendere di averne a suo tempo fatto indigestione!
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Da una intervista a Nicola Legrottaglie

(di Maurizio Corsetti, Repubblica.it)

Ma che tipo di compagno di squadra è, Dio?
«Esigente, però infallibile. Se lo segui non puoi sbagliare: è il mio navigatore satellitare. Ti chiede sostanza, non apparenza. Io lo so, perché di apparenze vivevo: le mèches bionde, i bei vestiti, le automobili, le discoteche, una ragazza diversa ogni sera. Poi tornavo a casa e mi dicevo: e allora?».

Trovata la risposta?
«Sì: ero vuoto. Avevo tutto e non avevo niente. Soldi, notorietà, successo: la via più diretta verso la solitudine».

Ne parla con altri giocatori?
«Non sono invadente, neanche Gesù lo era. Non compio mai il primo passo. Però sono gli altri a venire da me, per chiedermi come ho fatto a cambiare. Mi vedono sereno, in pace con me stesso». E vedono pure un calciatore trasformato, molto più bravo di prima. «Infatti».

E’ vero che da due anni non ha rapporti sessuali?
«Sì, perché o segui Cristo davvero o non lo segui per niente. Prima ero schiavo del sesso, adesso aspetto di incontrare la persona giusta per formare una famiglia e avere dei figli. Mi sento libero».

Il calcio è un mondo molto materiale: che c’ entra Dio?
«Qui c’ è tanta solitudine, tanto dolore, tanta paura. Anche tra i campioni. Intere vite tra ritiri e videogiochi dall’ età di tredici anni. La gente ti assale e devi difenderti, devi chiuderti: così rimani senza amici veri, e quando smetti di giocare ti senti solo al mondo. Dio è una risposta di senso, ed è anche una risposta alla morte … Due anni fa vedevo andarsene amici, conoscenti, molti dei quali giovani. Vite spezzate all’ improvviso, senza un perché. Mi dicevo: e se domani toccasse pure a me stendere le gambe? Dove andrei dopo?».

Lei frequenta la chiesa evangelica: cosa significa, in concreto?
«Ci troviamo due volte la settimana con gli altri fratelli e sorelle per leggere la Bibbia e parlare di Gesù, il lunedì e il giovedì. Lo facciamo anche nelle case, si mangia, si sta insieme, si impara a curare l’ anima ma senza le istituzioni religiose: perché l’ istituzione prima o poi ti delude, è fatta di uomini fallaci, invece la Bibbia non fallisce mai».

In lei, gli altri fedeli vedono fratello Nicola o il calciatore Legrottaglie?
«Tutte e due le cose, ma fratello Nicola conta di più».

E’ vero che un giorno le piacerebbe diventare missionario?
«Non pongo limiti alla chiamata di Dio. E comunque credo che si debba essere missionari sempre, non solo in Africa ma qui, adesso. Senza prediche, solo con l’ esempio e una vita giusta. Mi basta mettere il dubbio in chi ascolta».

E’ cambiato il suo rapporto con il denaro?
«Non gli davo troppa importanza neppure prima, anche se forse è facile dirlo quando se ne ha tanto. Però io non ne ho tanto da sempre: e se hai molto, molto puoi donare. In silenzio, senza appendere i manifesti. Dopo di che, io in campo do il massimo e dai contratti pretendo il massimo. Gesù benedice tutti i giusti, i poveri ma anche i ricchi, purché appunto siano giusti».

Fratello Nicola, e se alla fine della partita lei scoprisse che dall’ altra parte non c’ è niente?
«Pazienza. Vorrà dire che comunque l’ ho giocata meglio che ho potuto».

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Altre divagazioni come queste sono su "NATALEtuttoL'ANNO", su 'NATALE OGNI DI’, e su 'FASTI & FASTIDI'.

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