Prima di buttar giù il panettone, e prima di abbandonarci
alle feste, può essere utile farsi qualche domanda. Ad esempio questa: come
avrebbe votato Giorgio Gaber al referendum costituzionale? Avrebbe optato per
il sì, per il no, oppure non si sarebbe neppure recato ai seggi?... Per carità, è ovvio che stabilirlo con certezza è impossibile. Ma intanto una cosa è
pacifica: lui non avrebbe deciso cosa fare dopo una attenta riflessione, ma
guidato essenzialmente da insignificanti e squallide motivazioni.
Essendo stato un cattivo maestro - pure un gran qualunquista, e dunque uno splendido rappresentante dell’italiano medio(cre) - magari quel giorno Gaber avrebbe preferito starsene a casa. A lamentarsi dei politici tutti, ovviamente (perché, come si suol dire tra snob “destra o sinistra sono tutti uguali, nè!”).
... E comunque, se fosse andato a votare, sicuramente lo avrebbe fatto usando i piedi anziché il cervello.
Ma certo, perché dal (presunto) intellettuale Gaber - ovvero dal cantastorie che si è permesso di sputare sul cadavere di Aldo Moro – era ovvio attendersi una fierezza intellettuale senza pari. E come minimo ci si sarebbe aspettati di trovarlo – di fronte alla scheda elettorale – sempre molto esigente e pignolo.
… E invece niente di tutto questo. Anzi, questo schizzinoso (che si atteggiava perfino a maestro di vita) è riuscito a votare perfino per il Berluska. E questo allo scopo di aiutare la carriera politica della moglie (salvo lamentarsi se molti suoi amici di sinistra, scoprendolo così incoerente, hanno cominciato ad evitarlo).
Un vizio tipicamente italiota (e idiota), questo. Si è visto anche con la vittoria del No al referendum costituzionale: anche in quel caso gli italiani hanno votato per odio, per cialtronaggine, o per appartenenza ad una data tribù politica, più che per convinzione! E di fatto, pur di cacciare Matteo Renzi, gli italiani hanno bocciato una riforma che – fra l’altro - avrebbe cancellato il Cnel e spazzato via addirittura 320 senatori strapagati (che sarebbero stati sostituiti da un centinaio di senatori che avrebbero lavorato “aggratis”).
… Perché nel Belpaese dei cattivi maestri, funziona in questo modo: si vota così o cosà solo perché “sai, in cambio mi è stato promesso questo o quello”. Oppure perché “vedi, non mi piace quel partito, ma lo voto lo stesso perché loro hanno candidato quella persona che conosco bene, e che quindi mi può tornare utile!”.
Sono le idee – possibilmente quelle più nobili - che dovrebbero guidare il popolo e i partiti. Ma se le idee traballano, e si vota per interesse più che per convinzione, dove ci potrà portare la politica? E' chiaro che una scelta egoista, un voto che puntasse solo ad ottenere qualcosa nell’immediato, farà arretrare prima o poi tutta la società (ritorcendosi alla lunga anche contro i figli, e/o i figli dei figli).
… E infatti, ecco, per dire, come Ombretta Colli (già Forza Italia), ha descritto il marito Giorgio Gaber. Ecco come lo ha sputtanato, attribuendogli quelle piccole meschinità che sono tipiche di ogni italiano medio(cre) che si reca al seggio per ottenere qualche miserabile caramellina.
__________________
Da una intervista a Ombretta Colli
(di Simonetta Fiori, per “Repubblica”)
Come accolse [suo marito Giorgio Gaber], la sua decisione di candidarsi con Silvio Berlusconi?
Tranquillissimo. Una sera a cena gli dissi che Berlusconi mi aveva chiamato per sondare la mia disponibilità. "E tu che hai deciso?" "Ci devo pensare". Quando poi gli comunicai la mia scelta, disse una cosa che avrebbe ripetuto ogni tanto: la politica ha bisogno di persone per bene. E mia moglie è una persona per bene.
Mi perdoni, ma fu Gaber a inventarsi il celebre motto: non temo il Berlusconi in sé, temo il Berlusconi che è in me.
Non è che dall'altra parte ci fosse una classe politica che mio marito stimasse granché...
Ma c'è una distanza siderale tra l'anticomunismo di Berlusconi e l'autore di "Qualcuno era comunista".
Ma lei pensa che a casa nostra si parlasse di questo? Tra noi c'era un patto di sangue, anche un'esperienza condivisa di battaglie libertarie a favore della legge per il divorzio e contro gli aborti clandestini. Rivendico di essere stata una delle prime femministe in Italia.
Gaber l’ha mai votata?
Sì. Non votava da anni, ricominciò a farlo per me. "Giorgio, non è necessario", gli dissi la mattina delle elezioni. "Ma se poi non vinci per un voto...
Essendo stato un cattivo maestro - pure un gran qualunquista, e dunque uno splendido rappresentante dell’italiano medio(cre) - magari quel giorno Gaber avrebbe preferito starsene a casa. A lamentarsi dei politici tutti, ovviamente (perché, come si suol dire tra snob “destra o sinistra sono tutti uguali, nè!”).
... E comunque, se fosse andato a votare, sicuramente lo avrebbe fatto usando i piedi anziché il cervello.
Ma certo, perché dal (presunto) intellettuale Gaber - ovvero dal cantastorie che si è permesso di sputare sul cadavere di Aldo Moro – era ovvio attendersi una fierezza intellettuale senza pari. E come minimo ci si sarebbe aspettati di trovarlo – di fronte alla scheda elettorale – sempre molto esigente e pignolo.
… E invece niente di tutto questo. Anzi, questo schizzinoso (che si atteggiava perfino a maestro di vita) è riuscito a votare perfino per il Berluska. E questo allo scopo di aiutare la carriera politica della moglie (salvo lamentarsi se molti suoi amici di sinistra, scoprendolo così incoerente, hanno cominciato ad evitarlo).
Un vizio tipicamente italiota (e idiota), questo. Si è visto anche con la vittoria del No al referendum costituzionale: anche in quel caso gli italiani hanno votato per odio, per cialtronaggine, o per appartenenza ad una data tribù politica, più che per convinzione! E di fatto, pur di cacciare Matteo Renzi, gli italiani hanno bocciato una riforma che – fra l’altro - avrebbe cancellato il Cnel e spazzato via addirittura 320 senatori strapagati (che sarebbero stati sostituiti da un centinaio di senatori che avrebbero lavorato “aggratis”).
… Perché nel Belpaese dei cattivi maestri, funziona in questo modo: si vota così o cosà solo perché “sai, in cambio mi è stato promesso questo o quello”. Oppure perché “vedi, non mi piace quel partito, ma lo voto lo stesso perché loro hanno candidato quella persona che conosco bene, e che quindi mi può tornare utile!”.
Sono le idee – possibilmente quelle più nobili - che dovrebbero guidare il popolo e i partiti. Ma se le idee traballano, e si vota per interesse più che per convinzione, dove ci potrà portare la politica? E' chiaro che una scelta egoista, un voto che puntasse solo ad ottenere qualcosa nell’immediato, farà arretrare prima o poi tutta la società (ritorcendosi alla lunga anche contro i figli, e/o i figli dei figli).
… E infatti, ecco, per dire, come Ombretta Colli (già Forza Italia), ha descritto il marito Giorgio Gaber. Ecco come lo ha sputtanato, attribuendogli quelle piccole meschinità che sono tipiche di ogni italiano medio(cre) che si reca al seggio per ottenere qualche miserabile caramellina.
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Da una intervista a Ombretta Colli
(di Simonetta Fiori, per “Repubblica”)
Come accolse [suo marito Giorgio Gaber], la sua decisione di candidarsi con Silvio Berlusconi?
Tranquillissimo. Una sera a cena gli dissi che Berlusconi mi aveva chiamato per sondare la mia disponibilità. "E tu che hai deciso?" "Ci devo pensare". Quando poi gli comunicai la mia scelta, disse una cosa che avrebbe ripetuto ogni tanto: la politica ha bisogno di persone per bene. E mia moglie è una persona per bene.
Mi perdoni, ma fu Gaber a inventarsi il celebre motto: non temo il Berlusconi in sé, temo il Berlusconi che è in me.
Non è che dall'altra parte ci fosse una classe politica che mio marito stimasse granché...
Ma c'è una distanza siderale tra l'anticomunismo di Berlusconi e l'autore di "Qualcuno era comunista".
Ma lei pensa che a casa nostra si parlasse di questo? Tra noi c'era un patto di sangue, anche un'esperienza condivisa di battaglie libertarie a favore della legge per il divorzio e contro gli aborti clandestini. Rivendico di essere stata una delle prime femministe in Italia.
Gaber l’ha mai votata?
Sì. Non votava da anni, ricominciò a farlo per me. "Giorgio, non è necessario", gli dissi la mattina delle elezioni. "Ma se poi non vinci per un voto...
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